lunedì 20 settembre 2010

La notte finisce troppo presto.



Lo so che è stupido cedere alla propria rabbia quando ci si trova stretti da quattro mura,improvvisamente più umide di quanto si ricordasse.Lo so che è stupido arrendersi cosi ai propri lati oscuri.Ma c'e un male ben più acido di qualsiasi vera malattia.E' un male che quando reagisce con le difese,fa emergere mostri dagli specchi,dalle pareti,dall'interno di noi stessi.Ci cambia.E se non l'avete capito è della solitudine che parlo.
Non è quella beata oasi di speranza monastica a cui molti aspirano,quella solitudine che odora forte di troppo amore per se stessi.Parlo della solitudine di chi è privato delle forze.Di chi è condannato a se stesso.La peggiore delle sentenze.
E quindi è cosi che si diventa.Rabbiosi.
Desiderosi di crescere quel piccolo globo oscuro di male che cova all'interno dell'intestino.
E' quella creatura crescente che ti spinge ad evitare ogni luogo dove esplodano risate e brindisi d'allegria.
E' una spinta nera verso la carne,verso confini scivolosi,verso sofferenze che assomigliano sempre di più a carezze.A quelle che un tempo avresti chiamato coccole.
Non è quindi una serata tra amici quello che cerchi.Non è una notte pacifica,o un cielo stellato quello di cui hai bisogno.
E' la furibonda lotta sotto un palco quello in cui vuoi trovarti.
Uno scontro ad armi impari,una bolla pulsante di carne e sudore,di pelle graffiata,di occhi neri e botte in testa.Di risse scoppiate e sedate in pochi istanti sotto gli sputi di un cantante urlante e di una batteria infernale.Non basta nemmeno pompare nel cuore i più crudeli e infernali pensieri.
Una parvenza di cura,forse,è la necessità della propria perversione,dello spremere via ogni sentimento del quale siano imbevute le carni.
Ma non è nemmeno lo squallido spettacolo bondage a guarirti.Nemmeno la palla in bocca alla scheletrica modella legata e appesa al soffitto del locale a farti sentire meglio.Non lo farebbe nemmeno la piu profonda frustata su quella bianca schiena.Nemmeno se si contorcesse dal dolore e dal piacere.
Nemmeno le carni trafitte e appese nelle più selvagge sospensioni.Nemmeno il sesso orale consumato a metà nella più sporca darkroom tra fazzoletti secchi di sperma e boccette di popper finite a terra.
E' in quel momento che inizia la paura.Il tuo monologo interiore.
Ma non è il mercurio al posto del sangue che la rabbia ti pompa nel cervello.Non sono le puttane gotiche e le maschere antigas dei peggiori mostri da dancefloor.Non sono gli occhi brucianti di febbre del tossico sudato che fissa le luci UV.
Non sono i Velvet Acid Christ.
Non è il clangore malefico che urla dal sound system e che fa muovere i culi racchiusi in calze a rete e body in pelle.Non sono le urla sataniche degli Hocico.
Non sono i beat disperati che scuotono il pavimento.
Non sono i cessi maleodoranti.Non sono le bottiglie rotte in testa.
Non è il viso pallido macchiato di lacrime e rimmel di una lolita inginocchiata di fronte al proprio vomito.
Niente di tutto questo.
C'e una sola cosa che ti terrorizza.
Quando ti accorgi che la notte finisce troppo presto.
Perche è quando ti lasci alle spalle tutto questo,che ti trovi di fronte ad un mostro di luce.La luce del giorno che scopre la strada verso casa.Una strada cruda e gelida.Troppo reale per essere accettabile.Una strada grigia che conduce di nuovo verso l'umido cuore del tuo male peggiore.Una peste chiamata solitudine.