lunedì 9 maggio 2011

Esserini


La paranoia.
Agisce meglio in luoghi angusti.
La sera,quando proprio le gambe non ti reggono più.
Ha la forma di un puntino nero. Però all'improvviso è un puntino nero che si muove.
E scopri piano che non è da solo.
Il rumore della doccia maschera quello che sembra un fruscio.
Gli occhi sono appannati dalla giornata.
La luce gialla del bagno non aiuta.
Ma alla fine la vedi. La tua nemica. La formica.
Se non senti subito il peso della minaccia,comincerai ad avvertirlo dopo la seconda che vedi camminare lungo la fuga delle piastrelle.
Da dentro la doccia ti sembra di avvertire un ombra enorme dietro di te.
Ti giri di scatto ma non c'è nulla. Eppure sai che potresti trovare qualcosa quando esci.
Qualcosa pronto a morderti le dita dei piedi.
Il phon maschera quello che sembra il suono di una bistecca che frigge.
Magari appena sotto l'intonaco,brulicano,pronte ad una guerra secolare,miliardi di maledettissime formiche.
Pulsano sotto un mare di cemento.
Dal letto,la notte,ti sembra di avvertire il pavimento muoversi a ritmo di marea nera.
Onde veloci di friggenti formiche.
Marmo divelto da un manto rossastro di inferocite formiche.
Le sentirai pizzicare sotto la pelle morbida dei piedi.
Ogni angolino del tuo cesso avrà un foro da dove si spingono,pulsanti e lucidi,questi esseri immondi dalle troppe zampe.
Si tratta di emissari di Satana portati a respirare ossigeno prezioso,solo per il gusto di camminare sulla tua pelle.
Una mattina potresti trovare una palla liscia e dura di formiche a rotolarti addosso,quando apri la porta della tua camera.
Conviene uscire,prendere la strada,anche sotto la pioggia,protetti solo da una sgualcita giacca in pelle.
Pelle di formica ovviamente.

venerdì 22 aprile 2011

Niente capire


Immagina di spendere quel poco di ossigeno che rimane necessario.
Non sentire più niente che pesi sulla gambe.
Sollevarti lento per decine di metri e sentire l'aria sempre più fresca. I polmoni lucidi e brillanti come acciaio cromo.
Scopri per la prima volta che la terra è una crosta scolpita nella roccia e nella neve.
La vedi dall'alto e la senti ruvida e inospitale più di quanto non sia mai sembrata prima.
Ma nonostante tutto ti accorgi presto che ti mancherà tantissimo.
Ti mancheranno sopratutto gli angoli nascosti. Quelli protetti dai passi dell'uomo. Quelli solo battuti dal vento,e se capita,solo a volte, toccati dalla luce.
Ti mancheranno un sacco le stagioni che si spengono e riaccendono come luci lontane.
Il colore dell'aria alla fine della sera. Il profumo dell'erba bagnata.
La pioggia calda sulla pelle.
Ricordi improvvisamente una quantità sorprendente di sensazioni epidermiche,seppellite nel fondo buio del cervello.
Costrette alla luce proprio ora che punti verso il cielo sempre più velocemente.
Lasci alle spalle l'aria sempre e comunque illuminata della terra per puntare ad altri orizzonti,ignoti e immobili.
Sfiori la pelle bianca e sabbiosa della luna e quasi non la noti.
Ti trovi davanti un buio mai visto. Un nero che assorbe ogni occhio.
Dopo un sonno senza rumori affondi piano in una nuova atmosfera,bluastra e densa.
Umida in modo sconosciuto.
Ti senti portare da un vento che non è un vento. Da una forza primordiale che non ti permette reazioni.
Ti fondi a una schiumosa e infinita nube azzurra che circonda i poli glaciali di Venere.
Densa come una crema di ammoniaca,l'aria di Venere ti lascia sotto una coltre buia colorata di azzurro.
Ti abbandoni alla velocità mentre profonde scariche di luce lasciano immagini di altissimi vulcani.
E poi riparti ancora più veloce.
Attraversi una rete intricata di rocce galleggianti.
Sempre nel silenzio più profondo.
Siderali voci ti chiamano a se. Ti spingono a desiderare maggior velocità.
Non poi ancora immaginare quanto potenti siano i venti glaciali di Urano. Bui e taglienti come lame bagnate.
Scopri quanto immobile sia l'atmosfera nera di Plutone,quando le stagioni si allontanano lente con esse anche il tempo si fa sempre più lento.
Ti prepari a bagnarti nel calore di nuove stelle.
Il silenzio è qualcosa che non conoscevi prima.
Abissale si fa il tempo.
Avverti la potenza delle reazioni nucleari nel cuore delle nane brune.
Non esiste modo per descrivere la furia delle nebulose.
Non c'è modo di descrivere il terrore di fronte all'immensità delle più grandi stelle.
Tempeste senza tempo,fredde e dimenticate. O mai conosciute.
La violenza cieca dei pulsar sconvolge.
Non c'è più direzione,ne peso,ne presenza.
Solo un respiro lungo infinite ere.
Un movimento che non si avverte. Come una marea nera.
Ribolle di materia,di esplosioni lente, di galassie. Di luce che illuminano altra luce.
Di misteri.
E tu li guardi in faccia.
Immaginalo.
Ma non puoi.
Non guarderai nessun mistero,sarà lui a guardare te dall'alto.
Ti guarderà alle prese con i giorni che passano.
Con le ghiandole gonfie. Con il sudore secreto dalla pelle. Con il piscio.
Le budella che si contraggono al freddo.
Il mal di testa.
Con quella spugna imbevuta di sangue che chiamiamo carne.
Senza capire mai un cazzo di niente.

venerdì 4 febbraio 2011

Respira nel bosco



Non conosco modi simpatici di morire.
Se qualcuno ne conosce qualcuno si facesse avanti.
Non credo che morire nel sonno sia un morire migliore. Dopotutto si tratta sempre di farla finita.
C'e chi muore in ospedale,chi accartocciato in un grumo caldo di lamiere,chi lavorando,chi semplicemente per vecchiaia e chi sparandosi in testa.
A pensarci bene,in fondo,è uguale.

Il punto è che a volte non c'è nulla da fare. I sabati sera invernali si presentano come ore e ore di freddo e nebbia da affrontare.
Mangiare una pizza è un inizio come tanti. Uno dei tanti sabati d'Inverno di questo 1994.
Una serata in due. Si conoscono da quando erano bambini.Le cose, più o meno, le hanno fatte tutte assieme. Una volta, da bambini, gironzolavano per la casa,la domenica pomeriggio, vestiti in tuta, a scambiarsi francobolli per le loro collezioni.
Erano bambini e oggi lo sono meno. Hanno berretti di lana schiacciati sulle orecchie. Hanno camice lunghe di flanella. Scarpe Nike sporche.Molto sporche.
Ruttano la pizza.
Siedono sulle scalinate di quello che fino a un mese prima era un cinema.
Vabbeh ,pure il cinema ci hanno chiuso,dice il più grasso.
Quello magro invece è davvero troppo magro. Gli zigomi rigidi dal freddo tendono la pelle del viso.
Adesso il paesino è sempre più paesino. Sempre più spento.
I pantaloni stirati dei vecchi,la domenica mattina sono sempre più grigi e i sabati sera fanno venire voglia di fare a botte. Tanto per fare qualcosa.
I loro vecchi amici sono incastrati in un eterno Festivalbar e la provincia è sempre più provincia. Sopratutto per loro due che passano i pomeriggi ad ascoltare i Soundgarden.
Riempirsi di birra dopo una pizza,quindi, è un proseguimento di serata come tanti.
L'idea brillante è di prendere la macchina e girare.
Cosi,senza una vera meta.
L'idea di non avere una meta è sempre quella vincente.
Essere un pirata notturno alla ricerca di qualche sperduto bar da arrembare. Magari un flipper. Un videogioco. Non è che ci voglia poi molto.
I giorni sono tutti uguali. Sono una fotocopia sgranata del giorno prima. Basta un po di colore per farlo sembrare diverso.
Far diventare i giorni serigrafie di Andy Warhol è una specialita per loro.
Girare in macchina in strade vuote mossi dal vento, è un fotogramma in loop. Tanto simile a se stesso da diventare ipnotico.
Seduti al freddo, sul cofano della macchina, di fronte ad un piccolo bar di lengo lungo la strada collinosa, di fronte ad una pubblicità scolorita dal sole, si calano due grossi pezzi di Hoffman.
Giusto per lucidare questa sgranata pellicola,questa ennesima serata in proiettata in replica.
Ondate di brividi salgono lungo la schiena ad avvisare che presto continuare a guidare sarà una pessima idea.
Le strade senza lampioni lasciano il cielo lucido di vento.
Dietro le montagne la luce rende il bosco ancora più nero.
La bocca secca del pancione non smette di urlare. Dall'altra parte del tornante,sotto la collina, c'è la Slovenia ed abbassare il finestrino urlando compagno Tito merda è un obbligo.
L'altro invece continua a masticare. Pezzetti di carta a friggere sulla lingua.
Troppi direi. Troppi in una notte di vento come questa.
Il vento che arriva dalla Slovenia ha un che di ululante,sconosciuto e sembra presagire qualcosa di peggiore. Ogni volta che passano di qui si immaginano guerre,esplosioni lontane. Magari una centrale nucleare. Una luce forte e poi basta. Una ventata calda a bruciare tutto.
Pensieri del genere non andrebbero fatti quando si è pieni di alcol noia ed Lsd.
All'improvviso la testa sembra allungarsi.Tirata come un elastico da due grosse dita invisibili,a stendersi lungo la macchina,e ancora di più,lungo la strada.
Finalmente, il sabato sbiadito come un vecchio film in una rete privata, diventa lucido e limpido. La luce lunare diventa pulita e azzurrognola,un film con una fotografia perfetta.
Ben presto la cosa smette di essere divertente.
La cosa cambia appena si accorgono che la strada sembra quella di Twin Peaks.
La sigla di quel telefilm fa tremare tutti. Da sempre. Fa paura. E la paura diventa qualcosa di ben preciso.
Occhi sembrano spiare dal bosco. Forse lupi dagli occhi luminosi. Occhi rossi. Senza pupille. Come disegni fluorescenti.
Ignora. Cerca di ignorare.
Ma forse è tardi per ignorare. Guidando e accarezzandosi la grossa pancia comincia a parlare del vento radioattivo. Dell'inverno nucleare.
Il vento ululante sembra essere un onda d'urto di un fragore lontano. Il respiro freddo di qualcosa di mostruoso.
E all'improvviso sbanda.
Rimbalza da una parte all'altra della strada. Chissa quale cane rabbioso e osceno ha attraversato la sua strada. Chissa quale creatura dagli occhi rossi come lamponi gli si è piazzata davanti al cervello.
Sbattendo sul guard rail per un istante la lucidità ritorna. Abbastanza da far arrivare la macchina al primo bar disponibile. Uno sgabuzzino isolato prima di una lunga salita sulla montagna.
A pensarci bene non sapevano più dove sono. Sanno solo che vicino c'è una misteriosa Slovenia a soffiare vento freddo.
Lo vede entrare veloce in bar e prendere in mano il telefono, con la pancia ansimante al respiro. Dalla finestra sporca tutto li dentro sembra terrorizzato. Il barista, i pochi vecchi ubriachi,i tavoli, i bicchieri.
Eppure gli sembra di sentirlo il suo amico. Gli sembra di sentire una voce che chiama la polizia. E gli sembra di vedere riflessi blu di lampeggiante alle sue spalle. Occhi rossi luminosi di sbirri assetati di sangue. Come i lupi.
Non è spiegabile il terrore che si prova quando ci si sente come animali imprigionati. Terrore senza tentativi di mediazione. Senza la mente ad aiutare a ragionare. Terrore primordiale.
Come in un incubo muove i muscoli e inizia a muoversi verso gli alberi,dall'altra parte della strada. Come in un incubo gli sembra di non farcela. Ogni movimento è una fatica orribile contro un vento denso che lo immobilizza. Con una spinta sovrumana urla, o gli sembra di farlo.
E alla fine ce la fa,inizia a correre verso il bosco. Il buio e gli alberi che gli sembrano improvvisamente accoglienti. Un nascondiglio.
Correre al buio attraverso fitti rami. Inciampare ogni tre secondi. Ritrovarsi pieni di tagli. Le unghie lunghe degli alberi cercano di afferrarlo. Gli sembra di sentirne il lamento profondo. Una voce ruvida come una corteccia che gli dice di fermarsi.
Eppure sente che in fondo al bosco una soffice luce azzurra lo accoglierà fino a quando l'effetto dell'acido sarà svanito.
Cercando inutilmente di mantenere la calma,si perde.
Cammina da troppo tempo per non aver ancora ritrovato una strada. Questo significa che si è inoltrato sempre di più tra le montagne. Forse è gia in Slovenia. Il terrore non è ancora spento. Voci rauche bisbigliano da dietro gli alberi al suo passaggio. E il buio è sempre più viscido. Freddo. Bagnato.
All'improvviso il freddo si fa ghiaccio e lo trascina in un gelido fiotto d'acqua.
Un torrente se lo porta via. Reso sordo dalle voci della sua mente, l'acqua non era ne visibile ne udibile.
L'inverno si fa strada sulla carne. Nei polmoni. Nelle orecchie. Congela gli occhi. Insidia il cuore. Rende le labbra blu come la luce che filtra tra i rami.
E' finita pensa. Anzi lo sente dire. Da distente. L'acqua gli appare rossa e densa all'improvviso ,quando sbatte addosso una roccia sporgente.
Difficile dire da quanto galleggiasse trasportato dal torrente.
Il fracasso di animali notturni,vociare,brusio di insetti, ali di uccelli e gorgoglio d'acqua,all'improvviso si spengono. Si fa silenzio in un solo istante.Come avere gommapiuma premuta dentro le orecchie.
Nel giro di poco l'effetto è finito. Dopo ore di terrore atavico,l'acido finalmente muore come immerso in un lago di latte. Si sente pulito, purificato come l'acqua che lo ha quasi congelato.L'aria di un bosco di montagna in inverno, ustiona di freddo la sua pelle e lo fa tremare. Vibrare.
Si leva il maglione fradicio,le jeans,le scarpe.E non ha più freddo.
La luce lunare ora è pallida come dovrebbe essere. La notte si apre luminosa sopra il varco che si apre sopra il piccolo campo d'erba,accanto al torrente.
Nell'assoluto silenzio,totalmente senza vita, si sentono da lontanto dei passi pesantissimi. Ma il terrore ora non c'è.
Ad affacciarsi tra gli alberi è un corpo di uomo,marmoreo e nudo. Scolpito nella roccia,tanto è pallido.Chiazzato da piccoli tagli. Minuscole macchiette di sangue.
Altissimo.
E guardando verso l'alto si vede la testa di cervo.
Un gigante dal viso di cervo. Le corna si spargono lunghissime.
Vedo che ce l'hai fatta dice. E lo dice con una voce di un uomo di seicento anni. Fa tremare sotto i piedi tanto e profonda.
E' evidente che con l'acido ha esagerato. E combinato con il panico ha dato il peggio di sè,pensa.
E mentre lo pensa il gigante parla ancora.
Ti ho sentito urlare aiuto da quando sei entrato nel bosco dice.E mentre lo dice due gufi si appoggiano alle lunghe corna di cervo.
Questo bosco è mio da un eternità di tempo ed era molto che qualcuno non cercava aiuto qui dentro.L'ultimo è stato un uomo che scappava. Veniva da lontano e si era accampato in una vecchia catapecchia abbandonata. Andai a prenderlo una notte di troppo freddo.
Dice.
E mentre lo dice non c'e nemmeno stupore. Niente.
Abbassa l'enorme braccio bianco, contraendo i muscoli delle gambe. Raccoglie un lupo che si avvicina silenzioso. Lo abbraccia come un cucciolo.
Indica la riva del fiume e il giovane,voltandosi,vede il proprio corpo bianco aggrappato alla roccia.Le labbra viola. Gli occhi sbarrati. Un corpo morto.
Nessuna paura. L'ha capito quando ha visto il gigante, che ora ha una testa di gufo.
Un gufo da enormi occhi gialli.
Benvenuto nella mia casa dice. Facendo tremare il suolo.
E cosi si muore in questo modo dice quello che era un corpo vivo,ed ora è qualcosa che siede accanto al proprio cadavere.
Si muore in tanti modi. Vibra la terra.
Tanti e tanti secoli fa una bambina mi disse che non voleva morire,perchè voleva vedere quello che succedeva. Credo sia questo che spaventa voi uomini. Non sapere che succederà dopo di voi.
Dice il gigante respirando l'aria della notte.
Vuoi sapere qualcosa di quello che succederà?
Ma non lo vuole sapere,mentre guarda gli occhi sbarrati del suo corpo.
Immagina le ricerche. I titoli dei giornali. Una vittima del disagio. Arresto cardiaco dopo una notte di sballo e gelo.
Succede,pensa.
Si volta e se ne va,facendo tornare il brusio della notte.
Lasciando nel silenzio il viso stupito di quello che era un ragazzo di provincia,che ora ,si fonde con il vento.
Vento che ulula di nuovo tra i rami del bosco.