sabato 21 settembre 2013

Junichiro Tanizaki .Non solo Mishima nel Giappone in equilibrio tra modernità e identità.


Della letteratura giapponese il nome di maggiore influenza in Occidente rimane Mishima con il suo combattuto rapporto con il mondo moderno e l’epico slancio di un tragico atto individuale. Nel panorama nipponico però esiste un altro nome importante che anticipa Mishima nel rappresentare l’incontro con la tradizione e l’orizzonte del mondo moderno . Junichiro Tanizaki è un scrittore classico che incarna la sensuale cultura orientale nelle sue complesse implicazioni nei rapporti. Le prime pubblicazioni di Tanizaki infatti indagano l’erotismo nelle manifestazioni più profonde e nelle sue implicazioni psicologiche. Il rapporto con la donna come demone erotico si sviluppa nelle fantasie dell’autore toccando anche i lidi del masochismo e del feticismo, il tutto inquadrato in una cultura legata al senso come principale coordinata conoscitiva. Il demone o I piedi di Fumiko sono la proiezione di morbose fantasie intrecciate in sottili legami ma sono anche l’incontro della classica prosa giapponese con la letteratura classica europea tingendola di tinte gotiche e nebbiose . Pesano le influenze di Edgar Allan Poe e Oscar Wilde. E’ soprattutto La chiave , un romanzo ormai maturo, a disegnare sofisticate trame di desiderio ed erotismo muto e consapevole che si avvita attorno alla gelosia. Il tutto in un panorama urbano indifferente. Ma il lavoro letterario di Tanizaki è anche la danza tra identità originaria della cultura giapponese con le derive del modernismo. Tanizaki infatti subisce nella fase iniziale della sua vita una fase di occidentalizzazione. E’ un fenomeno importante nel Giappone del primo dopoguerra : la classica struttura tradizionale della società nipponica subisce il fascino dello stile e dei nuovi orizzonti che giungono dall’occidente e gli effetti di questa occidentalizzazione ovviamente si vedono ancora oggi . Testi come Neve sottile o La gatta intrattengono in maniera sottesa il dialogo tra identità e fascino per l’esotismo europeo che spinge il popolo giapponese ad una nuova autocoscienza. Lo stile ne risente dipingendo un panorama che potrebbe essere quello di qualsiasi luogo se non fosse esplicitamente ambientato in Giappone. E’ il terremoto di Tokyo del 1923 che mette Tanizaki di fronte allo specchio del rapporto con terra e identità. Libro d’ombra è il saggio di in cui si affronta frontalmente la questione del rapporto con la cultura occidentale. Il mondo classico immerso nel buio e nell’ombra contrapposto al perennemente luminoso mondo elettrico moderno prevede una scelta di fronte alla quale Tanizaki non ha dubbi, scegliendo il mondo dell’ombra come luogo originale messo in pericolo e dove è necessaria una resistenza culturale. Libro d’ombra è una dichiarazione d’amore e di difesa di ogni singolo tassello del classicismo giapponese. Dai gesti quotidiani alla tipica casa con i suoi giochi di luce ed ombra, la carta , gli inchiostri e il valore estetico delle piccole cose. Addirittura il gabinetto come riposo dello spirito , situati esternamente alla casa immersi nel profumo d’erba e di foglie, nella brezza del mattino.

" V’è forse, in noi Orientali, un’inclinazione ad accettare i limiti, e le circostanze, della vita. Ci rassegniamo all’ombra, così com’è, e senza repulsione. La luce è fievole? Lasciamo che le tenebre c’inghiottano, e scopriamo loro una beltà. Al contrario, l’Occidentale crede nel progresso, e vuol mutare di stato. È passato dalla candela al petrolio, dal petrolio al gas, dal gas all’elettricità, inseguendo una chiarità che snidasse sin l’ultima particella d’ombra."

Johnny Cash, dieci anni dopo la morte di un antieroe .


In questi giorni ricorre l’anniversario della morte di Johnny Cash. Dieci anni dopo la sua scomparsa l’influenza esercitata nell’immaginario collettivo rimane immutata. Contro qualsiasi aspettativa Cash nel corso degli anni è diventato un ascolto transgenerazionale grazie ad uno stile e ad una voce ricca di fascino anche per i più giovani appassionati di musica e una lunga serie di biografie e ristampe. A consolidarne l’immagine nel mondo mainstream ci ha pensato Quando l’amore brucia l’anima, un film di successo che racconta la vita e l’amore con June Carter, cantante country con la quale rimarrà sposato per 35 anni fino alla morte della donna. Cash rappresenta l’immagine di un uomo solitario che arriva da lontano, da una America che non esiste più. E’ una figura che ha attraversato i polverosi deserti del cinema western e storie crude di dipendenza da anfetamine, risse e concerti epocali come quello del 1968 nel carcere di Folsom dove non esiterà a mandare al diavolo i fotografi che impedivano una buona visuale ai carcerati con i quali si creerà una atmosfera di unione e identificazione irripetibile e ai quali dedicherà il pezzo Folsom prison blues. Una sorta di esistenzialista del country nativo di un profondo sud fatto di lavoro nei campi e grandi campi di cotone battuti dal vento. Il man in black è stata una figura lontana dall’essere un riferimento generazionale. Un cristiano peccatore, una testa calda con l’anima di un conservatore, alcol e bibbia in un solo volto. Dopo l’ oblio degli anni ottanta viene riscoperto da Rick Rubin , produttore geniale e autore di alcuni tra i più grossi fenomeni musicali degli ultimi decenni . Gli album di Cash targati Rubin ( American recordings, Unchained e American III ) sono il ritratto di un uomo di oltre settant’anni ma con la voce di uno di duecento che in una nuda e originaria versione a solo chitarra e voce canta i propri classici e umilmente interpreta brani di altri grandi artisti anche dell’universo pop come U2 e Beck. Riaccolto male da una generazione Mtv di metà anni novanta arrogante e ancora orfana di icone, con il tempo diventa finalmente il classico che oggi conosciamo per un pubblico che necessità di miti e di autenticità. Oggi quindi è resa giustizia ad un artista dal cuore di uomo semplice ma dalla voce e la storia di uno storyteller per vocazione.