domenica 28 marzo 2010

Piccola storia patetica


Quella chiazza di sangue,che silenziosa se ne sta li ferma sulla neve,ha un nome.
Si chiama vendetta.
Non c'e nulla di sbagliato.
Spesso vendetta e' un termine che si tende a guardare con sospetto.Anzi,si guarda davvero male.E' sinonimo di debolezza,di errore,di rabbia senza controllo.Ma invece no.
La vendetta e' pura.Come la matematica.Come uno più uno.
Pulito e limpido.
Non c'e nulla di sporco nella vendetta.
Sopratutto quando viene congelata nella mente.Quando anche immersa nel ghiaccio mantiene un caldo cuore che brucia.
Quella e' vera vendetta.
Quella merita di liberarsi.In tutta la sua forza.
Certo la vendetta non fa tornare indietro il tempo.Forse non serve a molto.Ma di sicuro e' necessaria per la pulizia.Per far ritornare tutto alla purezza.
In fondo nemmeno uno più uno uguale due è in sè utile,ma di sicuro ha una purezza che può rivelarsi fondamentale.
Pura e pulita come quel sangue rosso disteso su di un soffice manto bianco.
La piazza del paese vuota.Solo neve.
Un corpo steso.Un corpo provato dalla vita
Una enorme,luminosa chiazza rossa.


Il Lupo vaga da molti giorni per il paesino.Aveva giurato di non tornarci piu.
Il paesino dove è nato.Dove è cresciuto.Dove per la prima volta e' stato preso.Dove ha sepellito sua madre.E ora,poco lontano dalla madre,riposa la donna amava.
Anzi,la donna che ama.
A portarla li dentro.In quella cassa di legno sotto metri di terra e vermi è stato l'uomo, che ora se ne sta steso sulla neve alle sue spelle mentre si allontana.
Uno dei suoi piu grandi amici.
E' stato assieme a lui la prima volta che passarono dei guai con i Carabinieri.
Avevano sedici anni.
Il tempo è passato.Ma in quel paesino aggrappato disperatamente alla collina le strade sono rimaste strette e buie come un tempo.
E' lui ad essere cambiato.
Gli ultimi anni passati in galera sono stati i più duri.Sono quelli in cui ha cominciato a coltivare l'odio come fosse una pianta rara.
Quando si trovò davanti parecchi anni da passare in gabbia,sapeva di poter contare su di lui.Stare accanto alla sua donna.Difenderla per lui.
Era una sicurezza.
Quello che non pensava era di essere cosi idiota da credere che la sua amicizia avrebbe resistito.A credere che la lealta' fosse un valore.A credere che quell'uomo con cui aveva condiviso tante stronzate e tanta vita si riducesse ad essere un subumano.
Mentre lui marciva in quella piccola cella puzzolente il suo amico fuori si perdeva nell'eroina.
Quello che non doveva succedere però, e che tutto questo prendesse anche lei.
Una notte fece un grande errore.Il vero grande errore di una vita.
Una sera tornando da una notte in giro chissà dove la loro macchina sbandò.
Lei mori',lui no.

E questo non poteva essere perdonato finche' il Lupo avesse vita.
Da allora,chiuso in quella specie di buco,non aspettava altro che uscire per finire quello che l'eronia non ha fatto fino ad oggi.
Uccidere.
Di notte a volte si svegliava con le mani brucianti.Con la voglia di devastarle addosso al suo viso,finche non ci fosse nulla di riconoscibile.
I primi giorni,dopo che il dolore si era gia trasformato in odio,la sua cella veniva regolarmente distrutta dalla sua rabbia.
E ora che erano passati anni,era li.Nella piazza del suo vecchio paesello,a cercare di rimettere a posto gli equilibri della sua vita.
Poco importa se questo lo avrebbe rimandato di nuovo in galera.Non gli importava piu nulla ormai.Di certo ormai il futuro non aveva nessun senso per lui.
Tutta la sua vita era racchiusa nel passato.La sua infanzia felice.La sua adolescenza selvaggia.La lealta' di una amicizia.Un amore.Tradimento estremo.
Fine.
Li il senso di una vita si era arrotolato in sè stesso.Nessuna via di fuga.
Ora l'unica cosa da fare era rimettere ordine.

Roba da non credere a quanto poco il tempo possa fare contro certi ricordi.
Mentre stretto nelle spalle camminava lungo le strade buie notava quando quei mattoni rossi delle piccole case fossero rimasti immobili negli anni.Quando quelle strade avessero mantenuto gli stessi profumi.
Gli sembrava di essere ancora lo stesso ragazzino che durante le sere di inverno se ne rimaneva in giro anche da solo, a pensare al proprio futuro lontano da quelle quattro rocce.
Curioso vedere come il suo futuro l'ha riportato proprio qui.


Il Lupo sapeva gia dove l'avrebbe trovato.
Se ne stava li da ore a bere birra,nell'angolo del vecchio bar del paese.
Prima o poi lui sarebbe venuto qui.Non c'e altro posto dove andare.Non c'e posto in cui potesse scappare.

Il Lupo aspettava pensando a come si era innamorato di lei.
A come l'aveva persa.Pensava sopratutto alle sue lettere in carcere.
La cosa piu preziosa che gli fosse rimasta.

Quando lui entrò,con la sua banda di ragazzini pallidi e dallo sguardo incazzato,il tempo si arrotolò in se stesso ,fermandosi un pò nell'aria pesante del bar.
Il tempo ricominciò la sua corsa solo quando gli occhi del Lupo e del suo nemico si incontrarono.
Gli occhi di lui guardarono gli occhi del Lupo come si guarda un amico che torna dopo anni e anni da una lunga guerra.
Ma durò poco.
Perchè lo stava aspettando.Lo aspettava dalla notte dell'incidente.

Si sorridono.
"Non sei cambiato proprio per il cazzo"
Il Lupo invece si sente fin troppo cambiato.
"Dici?Tu ti sei ripulito?"
"Ne sono fuori.Da un po.Un annetto, poco più.A volte mi sveglio ancora di notte, a volte ci penso...ma poi passa.Sono pulito"
Da non credere come l'odio covato a lungo si trasformi in qualcosa di impalpabile.Incolore.Inodore.
Come qualcosa che diventa parte di te, anche se fa male.
Si parlano.Senza togliersi gli occhi di dosso.Nemmeno un secondo.
Non c'è nemmeno tensione.Entrambi sanno che è in corso semplicemente lo svoglersi degli eventi.Quello che deve succedere per forza di cose.
Lo sanno anche quando parlano di dove siano finiti tutti gli altri.
Chi si è sposato.Chi è ancora dentro.Chi non si sa bene dove sia.
E' tutto assolutamente gelido e freddo.
Talmente freddo che la neve ha cominciato a scendere.
"Senti, tu sai perche sono qui"
"Ma certo che lo so.Lo aspetto da tanto"

Incamminandosi lentamente e soli sotto la neve,con lo sguardo terrorizzato di chi li seguiva dalle finestre del bar, il Lupo cominciava ad avere una sensazione strana.
Come se tutto questo avesse in fondo qualcosa di sbagliato.
Una specie di nausea.
Una una nausea crescente per il fatto che non c'è reazione per quello che sta succedendo.
Sa cammina sorridendo sotto la neve verso la piazza deserta, verso la sentezza da eseguire con totale serenità.Come se fosse semplicemente normale.
E in tutto questo c'è qualcosa di sbagliato.
Il Lupo si sente dire di come se lo meriti, di come non se lo sia meritato la sua donna, di come dovrebbe essere morto lui tra quelle lamiere e che il fatto che ora sia pulito non giustifica nulla.
Il Lupo sente perfettamente che non è un modo di fuggire.Lo sguardo è quello di chi è morto da tempo.
"Avanti,fallo se devi farlo"
La sua pelle bagnata dalla neve aspetta solo la fine di questa storia.
In un lampo, all'improvviso lo scatto di una lama e un colpo secco.

Ora è li, steso sulla neve, con lo sguardo perso,e un profondo taglio al petto.
Un taglio come tanti altri ne ha ricevuti.
Niente di nuovo.
E' ancora vivo,ma come morto.
Mentre si allontana con gli occhi lucidi,il Lupo non si volta nemmeno un attimo.
Tornato per uccidere, pensando di trovare il verme strisciante oggetto del suo odio, pensando di non avere piu una vita, trova un uomo rinsecchito, avvilito, disperato come lui, come questo paesino, coma la loro giovinezza, e solo li si è accorto che forse uno straccio di futuro può ancora esserci.
Chi vivrà vedrà, e lo vedranno tutti e due.

venerdì 26 marzo 2010

Fuori i secondi


Mi sono sempre chiesto se avesse un senso preciso il fatto che il sapore del sangue fosse quello del ferro.
Ricordo da bambino mente mi colava dal naso,quando cadevo di faccia dalla bicicletta,quando ci prendevamo a schiaffi , il mio sangue aveva il profumo degli attrezzi di ferro di mio nonno.
Aveva il sapore della forchetta quando la succhiavo in attesa del piatto di pasta.
Questo mi distraeva,mi sollevava,mi faceva dimenticare la botta appena presa e per qualche motivo misterioso,mi faceva sentire bene.
Anche ora che sono all'angolo a farmi bestemmiare addosso dal coach, a farmi lavare la faccia sento il profumo del ferro galleggiare nella bocca.
Il pubblico oggi è meno partecipe del solito.Non ho ancora sentito il classimo "dagliele" venire dalle mie spalle.
C'e quel continuo intenso brusio da palestra.Un costante rimbombo di voci e risate.Un eco continuo e distratto.

Alla ripresa lo stendo.
L'ho stancato per tutto il tempo.Ho incassato anche troppo.
Cazzo ha un pungo di ferro.Ma non ha speranza.Lo tengo in pugno.Questione di resistenza.
Le ultime sassate l'hanno stordito di brutto.La prima volta che si fa trovare scoperto e' mio.
Certo per un pugile in Italia non c'e mai grande speraza di guadagnare,ma la mia carriera me la sono fatta bene.Ancora un paio di incontri e mollo.Incontri ben pagati.Poi mi dedichero' al negozio di articoli sportivi.
Magari faro l'allenatore.Di sicuro e' arrivato il momento di finire.
Il mio collo ha gia un sacco di problemi.Un distacco della retina gia curato.
Non vorrei mai finire come quel ragazzo che si allenava con me anni fa.
Punch drunk la chiamano.Sembra costantemente ubriaco poveraccio.Troppi pugni ti rendono un imbecille a lungo andare.
Si sono un pugile e fa parte del grande gioco,ma fanculo.
E' una buona cosa percepire i propri limiti.Sbaglio?
Ma intanto devo pensare al mio nemico li spiaccicato nell'angolo.
Un nemico che si muove bene, con un buon sinistro, ma senza speranza.Non c'è l'esperienza.Non c'e resistenza.
Lo staranno pompando ora.E infatti eccolo li il coach,tutto piegato su di lui.
Sembra che lo stia baciando.
Invece credo addirittura che lo stia schiaffeggiando.
I pugni devono averlo addormentato,stordito.
Il mio diretto rimane uno dei piu forti che puoi trovare in giro,ammettiamolo.
Vedo che strizzano un bel taglio allo zigomo sul bel visetto del mio nemico.Bene.
Dato che sono qui a sputare saliva rossa nel secchio se lo merita tutto.
Parte del gioco.

Qua si ritarda a ripartire.
La gente sta fischiando.Vuole vederci scannare.
Lo speaker sta dicendo qualcosa ma io non lo ascolto.
Vedo lo sguardo perso del mio nemico.Troppo perso.Troppo spento.
Troppo forte il mio diretto.
Sono una molla elastica con i denti insanguinati.
Pronto a finire sto cazzo di match.
E' la ripresa.Saltello verso il centro ma il mio nemico non si muove.
Mi guarda a due passi dal suo angolo.Mi guarda con uno sguardo da bambino.
Un bambino con il viso sfregiato e con le spalle tatuate.
La gente non parla piu.
C'e un silenzio in che in questi ambienti non senti mai per fortuna,perche è davvero un brutto segno.
I due angoli non fiatano.Si guardano.Ci passano attraverso e si guardano.
Svegliati, muoviti, saltami addosso.Sono il tuo nemico.
Ma è immobile con le braccia distese sui fianchi.
E il silenzio continua per lunghissimi frammenti di secondo.Finche non sento lo stridere di scarpe da ginnastica fare eco nella palestra e li qualcosa si sblocca.
Il mio nemico,con il viso spento sta precipitando di faccia.Cade dritto come un palo.Rimbombando sotto le mie scarpe.
Mi allontanano di peso,mentre mezzo mondo sale sul ring.lo girano ,gli aprono gli occhi,gli puntano una pila, gli massaggiano il petto.lo legano al lettino dei paramedici.Lo portano via.Nel casino piu totale.
Che fine di merda per la mia carriera,che fine di merda per la sua.
Sperando che solo sia la sua carriera a finire...
Il negozio di articoli sportivi.
Vedo mia moglie che mi guarda con le mani sulla bocca li ferma davanti alla sua sedia, mentre tutti non sanno stare fermi e si aggrappano al ring.
Chissa se il mio nemico ha una moglie, una famiglia.
La mente corre ad Ernie Schaaf,
Io di certo non sono Carnera però.
E la cosa brutta è che ora non sto provando niente.
Articoli sportivi.
La mia famiglia.
Gli occhi di mia moglie.


Parte del gioco.
credo.

giovedì 25 marzo 2010

Un continuo pulsare


Nel medioevo piu buio,mentre la peste devastava i villaggi e falcidiava l'Europa,molti fuggivano dai borghi per darsi a sfrenate danze,lontani dai luoghi della vita di tutti i giorni,ormai teatro di morte.
Danze di giorni interi,ad esorcizzare il male,oppure ad aspettarlo...
Beh oggi non ci sarà quella peste,forse ci sono mille pesti,forse nemmeno una,ma di sicuro ancora oggi noi scappiamo,e danziamo per giorni.Balliamo fino allo stremo per non pensare alla paura.
La paura del vuoto.

In questo capannone abbandonato sono per lo meno tre giorni che continua il martellamento.
Frenchcore continua, ininterrotta da troppo.Spero in una virata Goa per la notte che si prepara.
Non chiudo gli occhi da non so quanto tempo.Le voci mi arrivano lontane.Confuse dal fragore metallico delle battute che si schiantano sul fondo dello stabile.
Qualcuno fortunatamente sta pensando di cucinare qualcosa.
Mentre cerco di distinguere il profumo la scena di una ragazza che fa una pera intramuscolo sul culo di un tizio messo a pecora mi riporta bruscamente alla realtà.

Dopo ore,giorni di profondo pulsare il senso del tempo muta drasticamente.Tutto e' molto dilatato.Passano due ore e sembrano dieci minuti.
Il sole è calato da un pò ma l'umidità , dopo questi giorni di fuoco,non si sente più.Pochi superstiti continano con la danza ipnotica con la testa infilata nel sound system.
La maggior parte della gente stesa appoggiata alle colonne bagnate del capannone.
Scalciando le lattine vuote e scatole,spostandosi verso il fondo dello stabile,le onde sonore alle spalle ha qualcosa di mistico.
Vibrano le pareti,galleggiano luci azzurre.
Non vedo la faccia affondata nel buio del cappuccio del ragazzo che mi sta passando la chetamina.
Una felpa sporca e dal buio al suo interno mi guarda.
Non so descrivere i brividi di terrore.
Per favore allontana questo orrore artificiale.Allontana da me questo ombra incapucciata.La paranoia si e' impossessata di me.
Respiro.Cerco di riprendere il controllo.Ormai sono abiutato.Lo so fare.
Piano piano riprendo il controllo.
Vorrei solo dormire.Le gambe mi sembrano di gomma da molte ore ormai.
Il terreno sporco e' come un materasso.Sembra di affondare.Una palude.
Cemento mobile.
Che la chetamina affondi la mia testa all'interno del mio corpo.
Che spenga il mio cervello.
Una volta si ballava per giorni per esorcizzare la morte,la paura.L'eterno pulsare del Goa mi spinge verso il niente.Finalmente.

Quando apro gli occhi mi accorgo del silenzio piu nero.
Per quanto ne so potrei aver dormito giorni.
Non sono solo.Ragommitolati addosso alle pareti decine di persone dormono abbracciate ai loro cani.Le vedo illuminate da una pallida luce che entra dall'esterno.Ma e' una luce morbida.Una luce silenziosa.
Ora che il cervello comincia a svegliarsi,giovane e fresco come appena nato,mi rendo conto che questo silenzio,non e' affatto normale.
Trascinandomi all'esterno dovrei almeno vedere il centro della citta,illuminato all'orizzonte.Ma non c'e nulla.C'e un manto nero al posto della pianura.
Black out.Buio a perdita d'occhio.Solo la luna ad ammorbidire il nero pesto.
Sembra che questa festa primitiva abbia riavvolto il nastro del tempo.
Non c'e traccia di progresso.
Che non ci sia traccia di progresso me ne accorgo quanto guardo il cellulare.Una macchinetta di plastica e circuiti,vuota,una schermo che non da segno di funzione.
Leggermente illumianto,ma vuoto.Sembra che non esista piu la telefonia.
Dietro la collina si prepara un temporale.
I tuoni per la prima volta da quando ero bambino,fanno paura.Siamo tornati preda di terrori ancestrali,nell'arco di un rave di 5 giorni.
Eppure non e' la paranoia,non e' l'acido,sono io ad avere paura.Una paura lucida.
Qualcosa e' successo.Qualcosa di strano.


Una volta raggiunta la città pare che non siamo gli unici ad aver percepito qualcosa.
Le strade buie sono popolate di persone che parlano,che si agitano,che si interrogano.
Il black out sembra essere arrivato nel momento sbagliato.
Il freddo non accenna ad andarsene in questi giorni.Qualcuno ha acceso un fuoco dentro un bidone all'angolo della strada.I riscaldamenti non partono in casa evidentemente.
Racchiuso nel mio grosso cappuccio non oso ancora parlare con nessuno.La gente si guarda con un certo sospetto mi sto accorgendo.L'aspetto nostro non è di aiuto credo.
Tutto e' spento.
Spento completamente.
NOn c'e un computer ,un telefono, una luce che funzioni.
Nulla di nulla.



Sono passati quattro giorni,e da un paio non c'e una notizia da parte di nessuno.
Molta violenza si e' scatenata delle stradine piu nascoste.
Le vetrate dei supermercati sono quasi tutte sfondate.
E nessuno sta capendo niente.
Vorremmo tutti sapere cosa succederà tra qualche giorno quando non ci sarà più nessuna provvista da prendere.Quel poco che l'esercito ha portato in centro sarà presto finito.
Gruppi di persone autonomamente si stanno organizzando,armate.dove l'esercito non e' arrivato oppure sta sbandando.
Inutile dire che la legge non esiste più.
Non c'e modo di comunicare pare.Presto le forze dell'ordine cominceranno a perdere la testa come tutti noi.
O almeno quelli che non l'hanno gia persa.
Pure gli sbirri si portano via roba dai negozi.
Ho visto poliziotti menarsi tra loro di fronte ad un negozio di alimentari Pakistano.
Non oso pensare gli ospedali.Non oso pensare alle carceri.
Forse sarebbe il caso di armarci.


Ci siamo ritrovati sopra il piu alto palazzo.A guardare le stelle del cielo Friulano.
Stavamo pensando che non c'e niente fa fare.
Il mondo pare arrivato alla fine.
Qualcuno si ricorda dell'idea che dal sole sarebbe successo un casino in questi anni.
Le esplosioni solari o qualcosa del genere.Avrebbero fottuto ogni forma di progresso.
Le centrali elettriche etc...
C'e da rubare piu benzina possibile.Cercare di raggiungere la campagna piu isolata.La Toscana.
Il ragazzo con la cresta che si e' unito a noi tira fuori il problema del cibo.
Lui dice di saper coltivare.Si raggiungere le colline toscane.Armati.
Insediarci da qualche parte.
C'e la comunità degli Elfi ricorda qualcuno.
Raggiungiamoli dico io.Armati penso.
Tutti questi ragionamenti sono interrotti da raffiche di mitra ai piedi del palazzo.Urla, e poi basta.
Sono giorni violenti.Quanto era fragile il nostro mondo.
Chissa cosa succede nelle grandi città.Nel resto del pianeta.
Immaginiamo l'Africa piu nascosta,che non si e' accorta di niente.Non si e' mai accorta di niente,fortuna loro.
Immagino come sia nella foresta piovosa,il ritmo lontano e continuo di rituali lontani.Un continuo gocciolare,la luce che filtra dagli alberi, gli insetti.

L'altra notte abbiamo difeso una ragazza da un gruppo di cani bastardi ubriachi.
Non sentivo piu le braccia da quanto ho sbattuto la spranga di ferro sulla faccia di quel poveraccio.Ma non me ne fregava niente.Non fregava niente a nessuno.Nessuno parlava.Nessuno muoveva un dito.Nemmeno più lui.
Non vedevo il suo sangue.Troppo buio.

Pensavo a questo, quando una esplosione di luce ha illuminato a giorno il cielo.
Ritirata in una immensa palla all'orizzonte,l'eco del botto ha fatto vibrare ogni cosa.
Lontana la luce diventava rossa e piccola.Un brontolio continuo rimaneva....


E' passato quasi un anno da quando il mondo si è spento.
Il caos ha regnato per un mese quasi, prima che il Giappone con le sue centrali elettriche tenute spente proprio in previsione di una cosa del genere,rimettesse piano piano in moto le cose.Un mese che ha fatto fare un balzo indietro a tutta la civiltà.

Alcuni satelliti sono precipitati sulla terra.Alcuni centrando in pieno grosse città.
Londra non esiste quasi più.
Una città fantasma resa radioattiva nell'impatto.
Alcuni in Italia.Alcuni in Africa.Molti nell'oceano.Molti abbattuti poi quando la NATO ha ripreso a funzionare.
Sara difficile capire quanti morti.
Sarà difficile capire come l'occidente si rimetterà in piedi.Se si rimetterà mai in piedi.
Noi per ora,continuiamo a coltivare la nostra terra.Ad allevare le nostre bestie.Ad oliare i nostri fucili.
A difenderci.A rimanere isolati.
Nessuno ci cerca e nessuno ci vuole.
Paura del vuoto non ne abbiamo più.